Descrizione
È visitabile da martedì 7 giugno fino a giovedì 23 giugno, nelle vetrine e negli spazi espositivi interni della Biblioteca San Giorgio, la mostra di Raffaello Gori Fermarsi alle trasparenze. L’inaugurazione è in programma per giovedì 9 maggio, alle 17, alla presenza dell’autore.
Dagli anni '60, il percorso di Raffaello Gori si è qualificato essenzialmente nell'arte informale finché, nel 1975, scopre un materiale come la carta velina che, opportunamente sfruttata, può permettere soluzioni interessanti e nuove sulla resa pittorica della trasparenza. Per arrivare alla soluzione tecnica attuale gli sono occorsi molti anni, per cui, parallelamente alle esperienze segniche e informali, ha cercato soluzioni praticabili con altri materiali (plexiglas, seta per serigrafia, plastica), però con pazienza e intuizione ha raggiunto il risultato che desiderava, come dimostra l'alto livello tecnico, estetico ed espressivo delle opere presenti nella mostra.
Come evidenziato da Siliano Simonicini, a Gori interessa la sperimentazione, e così quel suo Fermarsi alla trasparenze lo ha indotto a seguire la linea analitica dell'arte: ovvero quel processo antiromantico che vuole nella speculazione mentale il rapporto con l'innovazione dei linguaggi. Il risultato è una sequenza di variabili sulle trasparenze, ma pure l'inaspettato accendersi - nel quadro/contenitore predisposto dall'artista - di luci colorate inesistenti. Una magia tecnica generata dalla proprietà traslucida del mezzo (la carta velina) sovrapposta, ma distanziata, da un fondo sul quale Gori inserisce cartoncini a colori organizzati secondo composizioni semplici e minimali.
Raffaello Gori nasce a Pistoia nel 1936, vive e lavora tra Prato e Marliana (PT). Nel 1972 si iscrive all’Accademia Cappiello di Firenze dove si diploma nel 1975 in grafica pubblicitaria. Dopo un periodo di ricerca nell’imprinting figurativo nei primissimi anni ’70, il suo lavoro cambia radicalmente portandolo ad affiancare all’uso del colore nuovi materiali non propriamente dediti all’arte e scoperti nei suoi studi accademici. Nasce, quindi, una nuova ricerca non più figurativa, che volge il proprio percorso verso un’astrazione sempre più minimalista, fino ad arrivare al monocromatico nel 1976. Nel 1974 scatta l’intuizione: inizia a dipingere sul retro della tela, applicando sul telaio una sorta di coperchio di carta velina dipinta e/o neutra, il risultato che ne ricaverà sarà un mix di contrapposizioni fra trasparenze e colore, pieni e vuoti che cambiando punto d’osservazione assumeranno tonalità e contrasti differenti.
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Ultimo aggiornamento: 9 dicembre 2024, 11:55